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La neurodiversità può offrire molto per progettare città più vivibili

09 Gennaio 2025

La città autistica / Alberto Vanolo. – Torino, Einaudi, 2024, 114 p.

Che cos'è una città «autistica»? È uno spazio per immaginare e sperimentare modi diversi di intendere le diversità, incluse quelle neurologiche, anche al di là del linguaggio delle categorie, delle diagnosi e delle disabilità.

L’autore sostiene che “Il progetto di città autistica non riguarda solamente dimensioni sociali e culturali, e non si riduce alla necessità di educare e far maturare una cittadinanza tollerante, inclusiva, informata e aperta alle molteplici forme della neurodiversità, o di garantire alle persone autistiche l’accesso a spazi, risorse, esperienze e servizi. Il progetto ha una dimensione politica assai più radicale che riguarda l’invocazione di un diritto alla città, l’orgogliosa affermazione di una presenza e di una differenza, il confronto fra modi radicalmente diversi di fare le cose o di vivere lo spazio urbano. Intendere la città autistica come questione politica chiama direttamente in causa il tema delle identità e dei processi di soggettivazione, cioè di costruzione di posizionamenti sociali e di modi di intendere se stessi, di riconoscersi e di rappresentarsi. Occorre quindi affrontare il tema della collocazione delle persone autistiche nello spazio pubblico e in quello politico della città, della negoziazione sociale della differenza e dei processi che, in maniera più o meno esplicita e anche violenta, insistono sulla sua normalizzazione”.

Il termine autistico non va inteso in senso peggiorativo e la condizione di neurodiversità può offrire molto per progettare città più vivibili e aperte. Costruire realtà urbane migliori significa anche sovvertire le categorie morali e i linguaggi comunemente associati all'autismo.
Dice ancora Vanolo: “Considerare l’autismo come una condizione definita dal contesto, e non esclusivamente come una caratteristica interna al corpo di un soggetto, implica intendere lo spazio urbano come molto di più di un semplice contenitore o come uno sfondo: si tratta di un fattore complesso che si pone alla base dell’esperienza, della definizione e dello sviluppo della vita neurodivergente. Lo spazio urbano è quindi qui inteso non solamente in termini geometrici e materiali, ma anche appunto come assemblaggio di relazioni, traiettorie, situazioni, contesti […] Forse, una politica autistica di appropriazione e rivendicazione di un diritto alla città non può essere applicata dall’alto, in modo istituzionale, attraverso interventi pensati da menti neurotipiche, ma deve emergere dal conflitto e dalla presenza orgogliosa e dirompente di corpi e menti 'fuori luogo' nello spazio urbano. Come per ogni altra forma di marginalizzazione, devono essere i corpi delle persone oppresse a costruire le forme e i linguaggi della propria resistenza. Per questo credo che lo sguardo autistico possa offrire molto a chi vive, studia, progetta o immagina lo spazio urbano: si tratta di uno sguardo che plasma la realtà urbana in maniere che altre menti faticano anche solo a immaginare, uno sguardo che può aiutare a concepire e a costruire città radicalmente differenti”.

Alberto Vanolo offre alcune proposte provocatorie per la città autistica, una sorta di manifesto con principî generali per immaginare realtà urbane più semplici e sostenibili, non solo per chi vive una condizione di neurodivergenza.

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