di Emanuela Canale (*)
Maggio 2014: è un sabato pomeriggio come tanti a Crevalcore, la bellezza del borgo è coperta dalle impalcature che il terremoto ha costretto a tirare su, in una panda blu quattro strani[eri] individui cercano il centro per anziani in via Trombelli, ma nessuno sa dove sia. Le persone che fermiamo per chiedere informazioni, incuriosite, vogliono sapere cosa cerchiamo, vogliono chiacchierare, scrutare, mai dirci «per dove dobbiamo andare». Eppure, dopo tanto cercare, troviamo la nostra meta a un passo dall’entrata principale del paese.
Il Calamaio è a Crevalcore per un incontro che prevede la partecipazione di bambini frequentanti la terza elementare e degli anziani del Centro diurno Seneca. I bambini della III B e della III D avevano precedentemente incontrato il Calamaio in tre incontri tenuti a scuola con Emanuela, Luca, Emanuela (servitrice) e Mario. Il filo conduttore di questa serie di incontri è rappresentato dal libro Le parole scappate di Arianna Papini; protagonisti del libro una nonna e un nipote, accomunati dal singolare approccio alla realtà in quanto affetti, rispettivamente, dal morbo di Alzheimer e da dislessia.
Alle classi, che avevano letto il libro con le loro maestre, sono state proposte delle attività che ne richiamano i contenuti, facendo leva sulla capacità di ricordo e di comunicazione che si rifanno alle esperienze della nonna e del nipote della storia narrata nel libro. Così, annusare un odore ad occhi chiusi è stata un’occasione per richiamare alla memoria sensazioni e ricordi della propria vita e poi, raccontare ciò che ci caratterizza, ciò che ci piace, per mezzo del disegno, ha permesso ai bambini della III B e della III D, di provare ad avvicinarsi ai protagonisti della storia raccontata da Arianna Papini. I bambini sono stati avvicinati a modi di comunicazione diversi da quelli che sperimentano abitualmente, invitati a farlo da Mario, animatore disabile del progetto Calamaio.
Le diverse forme della diversità hanno dunque invaso le classi della terza elementare di Crevalcore, regalando ai bambini ore di completa originalità: si sono riconosciuti tra di loro senza che il nome di nessuno venisse direttamente pronunciato nel gioco della carta d’identità, portati a guardarsi alla luce di ciò che gli piace e spronati a conoscersi per ciò che li identifica, più di un semplice nome o di un’informazione vuota e frettolosamente individuata. Si sono sottoposti all’invasione del ricordo non evocato consapevolmente, ma suscitato improvvisamente da un odore che invade i sensi che è capace di concedere alla memoria gli infiniti spazi dell’incoscienza. In essi la capacità mnemonica si muove con la libertà che il ricordo consapevole non le concede, connotandola di quell’inaspettata capacità di evocazione, che invade tanto più colui che cerca di afferrare consapevolmente ricordi forse perduti, come racconta Proust, travolto dal sapore di una madeleine e dall’infanzia perduta, da esso portata alla mente. Hanno poi disegnato, non raccontato né scritto, la loro stagione preferita, ciò che gli fa più paura, la loro famiglia. Tutto questo gli è stato proposto da Mario, animatore in carrozzina, che incontro dopo incontro i bambini hanno imparato a conoscere e ad amare, nel travolgente avvento di una diversità che scuote, colora, anima, la normale quotidianità che a un bambino non sta ancora stretta, ma può ancora apparire come uno degli infiniti modi di muoversi nel mondo.
Al Centro diurno Seneca sono venuti in tanti, incuriositi dall’incontro con quelli che chiamano «i nonni». Alcuni di essi in effetti sono proprio i loro nonni, altri degli estranei, anziani che in alcuni casi hanno il morbo d’Alzheimer, proprio come la nonna del libro, probabilmente prima mai incontrati, sicuramente mai cercati. Sabato invece c’era finalmente la possibilità di vederla la nonna del libro, di provare a stare con lei e di capirla, come gli altri personaggi della storia, nipote dislessico a parte, non erano in grado di fare. Nel grande cerchio che si è formato nella stanzetta in cui di solito «i nonni» stanno tra di loro, ad ascoltare distratti vecchie musiche che fuoriescono da uno stereo (quanto sarebbe più appropriato un giradischi), sabato c’erano tutti: i bambini e gli anziani.
Il ricordo è stato l’insolito protagonista del sabato pomeriggio al Centro Seneca: dopo aver raccontato da dove arrivavano e perché eravamo lì, cosa avevano fatto con noi del Calamaio, uno alla volta i bambini hanno chiesto ai nonni di raccontarci i loro ricordi d’infanzia, scoprendo che l’intramontabile campana accomuna tempi vecchi e nuovi. Non è mancata neanche la possibilità di scoprire che l’Alzheimer arriva a non permettere di condividere ricordi, la risposta alla domanda sui giochi d’infanzia può essere uguale a quella che una delle nonne rivolge a qualsiasi domanda, c’è solo una melodia: lala, lala, lala…. ripetuta incessantemente e spiegata da chi le è più vicina così: «la nonna è come quella del libro, ha perso tutte le parole».
L’incontro di generazioni che hanno più tempo dietro di sé che non davanti, a cui guardano con nostalgia, e di quelle che si apprestano al futuro con frenetica euforia, noncuranti del passato, vede nascere sguardi di curiosità tra l’uno e l’altro, l’incrocio di saggezza e inconsapevolezza, di lontananza estrema eppure di simbiosi nell’accomunante incedere del tempo e della vita. Per due ore tutto questo si è incontrato, facendo giocare insieme queste dimensioni che, inserite in squadre miste, hanno condiviso conoscenze che nessuno dei due può possedere al posto dell’altro, tutte nate dai diversi tempi vissuti. I cantanti con la lettera ‘a’ non son gli stessi per chi ha 70 anni e chi ne ha 11, le musiche che si riconoscono e si indovinano nel gioco nemmeno; così il punteggio tra le squadre procede dopo che il titolo di Una rotonda sul mare viene riconosciuto da chi su quelle note si è innamorato, mentre i tormentoni del momento vengono individuati dai piccoli di oggi, coinvolti ed esaltati.
Poi una merenda tutti insieme e l’appuntamento a maggio, di nuovo tutti insieme, per incontrare Arianna Papini, l’autrice di quel racconto che ha permesso l’avvicinamento all’insolito, dell’insolito, con sguardo curioso ma accogliente.
(*) Volontaria del servizio civile