Strumenti di Accessibilità

Skip to main content

Giocare di squadra, ma cosa ci vuole per fare squadra?

Sapete cosa mi ha intrigato in questo periodo? Specialmente in questo periodo nel quale il campionato di calcio è finito e i giocatori sono in vacanza, mi sono chiesto: “ma cosa ci vuole per fare squadra?”.
Sono andato su Google e mi sono imbattuto in un video di Julio Velasco, voi vi chiederete: ma chi è? Velasco è un allenatore di pallavolo e dirigente sportivo argentino naturalizzato italiano, commissario tecnico della nazionale femminile italiana. 
Detto questo, ho approfondito il suo pensiero filosofico e sono rimasto molto affascinato dalle sue considerazioni, anche perché l’ho subito collegato al mondo dell’educazione e dell’inclusione dove è necessario fare squadra. Bene, da dove iniziamo?

Quali sono gli elementi che caratterizzano una squadra? Il primo punto è la differenza tra gruppo e squadra, perché nell’immaginario comune queste due parole esprimono la stessa idea. 
Invece sono due cose diverse, perché nel gruppo ci sono dei legami personali molto forti, ma questi non sono sempre sufficienti a far vincere una squadra, perché è proprio questo lo scopo di una squadra sportiva: vincere! 
Anche per chi lavora nel campo dell’educazione lo scopo è far passare certi concetti, cioè vincere sul pregiudizio. Un educatore ha la missione di condurre sulla strada dell’autonomia la persona che gli è affidata e questo dovrebbe creare uno spirito di squadra, il che non è sempre scontato.

In genere si pensa che sia il cosiddetto spirito di squadra che rende vincenti, invece questo è una conclusione, qualcosa che si crea più facilmente quando si vince.
Velasco afferma che: “Se il gruppo è unito, ma gioca male non vince. [...] Bisogna giocare meglio dell’altra squadra: lo spirito di squadra si crea vincendo, cioè funzionando”. 
I presupposti per creare lo spirito di squadra sono: un obiettivo, una strategia di gioco e ruoli differenti. 

L’ultimo punto è che i giocatori hanno abilità diverse che si integrano. Si può essere più bravi/e di altri/e in un ruolo specifico, ma è basilare riconoscere e accettare sia il proprio ruolo che il ruolo altrui.
La responsabilità di ogni azione è condivisa, per cui se un giocatore sbaglia e non segna, la responsabilità non è del singolo, non è colpa sua: l’importante è focalizzarsi sulla soluzione complessiva del problema non sulla responsabilità individuale.
Velasco ci fa riflettere su due questioni che sono il fondamento dell’educazione: la necessità di mettere insieme i punti forti di tutti i giocatori, considerandone i punti di debolezza e sul concetto di aiuto. I giocatori infatti si aiutano, si supportano perché altrimenti tutto il gioco non funziona, questo non è quindi un surplus, ma è parte integrante del gioco di squadra.
E questo è il punto focale. Il detto "per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio" è un proverbio africano che sottolinea come la crescita e l'educazione di un bambino siano un impegno collettivo, non solo responsabilità dei genitori: è un gioco di squadra.
E voi sapete giocare di squadra?

Scrivete a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. oppure sulle mie pagine Instagram e Facebook